Con l’ordinanza n. 9332/2021 del 7 aprile 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine ai rimedi concessi al debitore che in seguito alla notifica del precetto e alla minaccia di subire l’esecuzione forzata, intenda far valere l’inesistenza o l’invalidità della notifica del decreto ingiuntivo non opposto e dichiarato esecutivo.
Nel caso di specie il creditore, ottenuta la formula esecutiva sul decreto ingiuntivo non opposto, ha notificato al debitore un pignoramento presso terzi.
Avverso il pignoramento il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c, sostenendo l’inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo posto a fondamento dell’azione esecutiva.
Sia il Tribunale che la Corte di appello hanno rigettato la pretesa del debitore, il quale ha sottoposto la questione alla Corte di Cassazione.
In particolare il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione della Legge n. 890 del 1982 art. 8, commi 2 e 3, sulle notificazioni di atti a mezzo posta, nonché l’omessa pronuncia in merito all’eccepita inidoneità dell’avviso di ricevimento ai fini della prova della data della notifica.
La Corte ha ritenuto il ricorso infondato, ribadendo il principio secondo cui di fronte alla minaccia dell’esecuzione forzata in base ad un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo per mancata opposizione, all’ingiunto sono concessi i seguenti rimedi:
1) se sostiene l’inesistenza della notificazione del decreto, ovverosia deduca che nei suoi confronti non è mai stata eseguita un’operazione di notificazione giuridicamente qualificabile come tale, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione forzata ex art. 615 c.p.c., la quale è proponibile, ove l’esecuzione inizi, fintanto che il processo esecutivo non si concluda;
2) se, invece, il debitore deduce un vizio della notificazione non riconducibile al suddetto concetto di inesistenza, l’unico rimedio esperibile si identifica nell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., che è proponibile soltanto entro il termine di cui al comma 3 dello stesso articolo e, quindi, entro dieci giorni dal primo atto di esecuzione.
Secondo la Corte di Cassazione l’ingiunto, negando che nei propri confronti sia mai stata eseguita un’operazione giuridicamente qualificabile come notifica, sostanzialmente sostiene che l’ingiunzione è divenuta inefficace ai sensi dell’art. 644 c.p.c. e che non ha mai acquisito l’esecutorietà per mancanza d’opposizione, con la conseguenza che l’istante che introduce il procedimento è del tutto sprovvisto del titolo in base al quale intende promuovere l’esecuzione forzata.
Inoltre, con la decisione il commento, la Suprema Corte ha ricordato i presupposti necessari affinché si possa configurare l’inesistenza giuridica della notificazione di un atto.
Ebbene, essa si configura, oltre che nel caso in cui manchi materialmente l’atto, quando viene posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.
I suddetti elementi consistono:
a) nell’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato in base alla legge della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato;
b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, restando esclusi, pertanto, soltanto i casi in cui l’atto venga restituito al mittente, risultando così la notificazione come un mero tentativo assimilabile ad un’omessa notifica.