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Le nuove aliquote IRPEF 2022

La legge di stabilità 2022 ha introdotto una riforma in materia di IRPEF, rimodulando l’imposta su 4 aliquote invece che 5 (23%, 25%, 35%, 43%).

Si passa quindi dal 27% al 25% per la seconda aliquota relativa ai redditi da € 15.001 fino a € 28.000, dal 38% al 35% per i quelli fino a € 50.000, mentre i redditi superiori vengono tassati al 43%, con la soppressione della vecchia aliquota del 41%.

L’art. 1, co. 2, della legge di bilancio 2022 ha introdotto alcune novità in ordine al metodo di calcolo previsto dal TUIR (art. 11, co. 1, del D.P.R. n. 917/1986), in base alle quali l’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le seguenti aliquote diverse per scaglioni di reddito:

23% per redditi fino a € 15.000;

25% per redditi oltre € 15.000 e fino a € 28.000;

35% per redditi oltre € 28.000 e fino a € 50.000;

43% per redditi oltre € 50.000.

Il confronto tra la vecchia e la nuova disciplina può essere così schematizzato:

La novità potrebbe determinare anche incertezze ed errori nella predisposizione degli avvisi di accertamento IRPEF, i quali devono indicare le singole aliquote applicate su ogni importo imponibile a pena di nullità.

Infatti, l’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 dispone che “l’avviso di accertamento deve recare l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate”.

La norma vuole cioè che l’avviso di accertamento IRPEF non rechi soltanto un’astratta tabella delle aliquote, ma indichi quelle applicate al caso concreto.

Inoltre, il plurale “aliquote” evidenzia la necessità di indicare quale aliquota viene applicata su ogni importo imponibile.

L’assenza di queste indicazioni (spesso erroneamente riassunte in uno schema che riporta soltanto l’aliquota minima e quella massima) viola il principio di precisione e chiarezza di cui al suddetto art. 42, in forza del quale l’accertatore deve porre il contribuente in condizione di comprendere le modalità di applicazione dell’imposta e la ragione del suo debito, senza dover ricorrere all’ausilio di un esperto.

La violazione di questo principio determina l’applicazione della sanzione di nullità, così come previsto dal terzo comma dello stesso articolo 42 del D.P.R. n. 600/1973 (cfr. Cass. n. 15381/2008; Cass. n. 13810/2005).

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